18/09/2018

Ernia del disco: cause, sintomi, scelte operative e trattamenti

Questa settimana i nostri Fisioterapisti Luca Zamprotta e Federico Sonnati ci parlano dell’ernia del disco, spiegandoci quali sono i sintomi e le cause, ma soprattutto quali sono le scelte operative e i trattamenti.

Che cos’è l’ernia del disco?

Risponde Luca Zamprotta, Fisioterapista Azimut
Con il termine "disco" ci si riferisce al disco intervertebrale, ovvero una struttura posta tra due vertebre e costituita da una parte periferica chiamata "anello fibroso”, e da una parte centrale “gelatinosa” detta nucleo polposo.

L’ernia del disco è un'affezione della colonna vertebrale causata dalla degenerazione dell'anello fibroso del disco intervertebrale, condizione che porta allo sfiancamento o ad una piccola rottura dell’anulus fibroso con conseguente fuoriuscita del nucleo polposo. Quest’ultimo può quindi andare ad irritare o comprimere le radici nervose adiacenti con sintomi vari che possono andare dalle parestesie (formicolio, intorpidimento, riduzione della sensibilità cutanea, dolore, sensazione di caldo o freddo) all’impotenza funzionale dell’arto (es. riuscire a muovere il piede).
 
Il cedimento dell’anulus avviene di solito nell’ambito di un lento processo degenerativo e, quindi, dovrebbe coinvolgere fasce di età medio-avanzata. Tali problematiche, però, possono manifestarsi anche in età giovanile a causa principalmente di: stress e traumi vertebrali, protratte posture viziate, maldistribuzione di carichi sulla colonna, vita sedentaria, sovrappeso, fumo,  uso eccessivo dell’automobile e susseguirsi di ripetuti micro oppure macrotraumi sulla colonna vertebrale, provocando una precoce degenerazione delle strutture anatomiche sopraccitate.
Il segmento più colpito è la colonna lombare, seguita dalla colonna cervicale e dalla colonna toracica. Sono frequenti i casi di ernie multiple.

La protrusione discale, che viene spesso confusa con l’ernia, è invece una discopatia, ossia un’alterazione del disco intervertebrale e consiste nello schiacciamento o nel rigonfiamento delle fibre dell’anello: in tal caso non vi è una rottura dell’anello come succede nell’ernia, ma un suo schiacciamento o rigonfiamento, tipicamente in direzione posteriore. Questo rigonfiamento può, in alcuni casi, comprimere la radice nervosa adiacente.

 
Quali sono i sintomi?

Risponde Federico Sonnati, Fisioterapista Azimut 
I sintomi variano a seconda della localizzazione e della conformazione dell’erniazione: i quadri clinici possono comprendere cervico-brachialgia (ovvero dolore irradiato all’arto superiore), dolore in zona cervicale, dorsale o lombare, lombo-sciatalgia, lombo-cruralgia (quando il dolore interessa il nervo crurale, posto anteriormente alla coscia), disturbi di sensibilità, motilità, trofismo e riflessi agli arti superiori o inferiori.
Oltre alla contrattura della muscolatura paravertebrale ed alla limitazione della mobilità articolare, può essere presente una sintomatologia dolorosa in altre zone corporee a seconda della radice nervosa interessata.
Le radici colpite con maggior frequenza sono la quarta lombare (ernia dello spazio L4-L5) e quinta lombare (ernia dello spazio L5-S1).
Gli obiettivi del trattamento sono la risoluzione del dolore a carico della colonna e la liberazione della radice nervosa compressa dall’ernia o dal disco.

 
Cosa si deve fare in caso di questi sintomi?

Risponde Luca Zamprotta, Fisioterapista Azimut
Il punto di partenza è l’identificazione dell’origine dei sintomi. La diagnosi di un problema discale è innanzitutto clinico: il medico specialista, cioè il Fisiatra, ha il compito di inquadrare la severità e la natura del problema in base ai segni clinici e l’anamnesi del paziente. Nel caso si ritenesse necessario approfondire la presenza di alterazioni strutturali a carico della colonna, egli prescriverà lo svolgimento di un’indagine strumentale quale la risonanza magnetica (RMN).

Quali sono le scelte operative?

Risponde Federico Sonnati, Fisioterapista Azimut
Il trattamento dei problemi discali, siano essi erniari o protrusivi, è conservativo. Fanno eccezione i casi in cui siano presenti deficit di movimento o dolore fortemente invalidante, che prevedono un approccio chirurgico. Tuttavia, tale scelta viene presa in considerazione solo nei quadri più gravi: la consistente possibilità di fallimento dell’operazione, di complicanze post-intervento e di recidive hanno portato l’operazione a rappresentare una scelta sempre più rara, laddove l’approccio conservativo sia fallito o sia necessaria una risoluzione tempestiva della compressione nervosa.

In cosa consiste il trattamento conservativo?

Risponde Luca Zamprotta, Fisioterapista Azimut
Il trattamento conservativo consiste nell’utilizzo di farmaci (a discrezione del medico) e un ciclo di fisioterapia che comprenda:

Terapia manuale
Idrokinesiterapia
Esercizio terapeutico
Terapie strumentali (diatermia, TENS)

La terapie manuali e strumentali hanno la funzione di liberare la radice nervosa dalla compressione discale sgonfiando il disco infiammato, ripristinare il lume del canale attraverso cui la radice stessa esce dalla colonna, rilassare la muscolatura della colonna e diminuire il dolore del paziente.
L’esercizio terapeutico, a secco e in acqua, se proposto con il giusto dosaggio è coadiuvante alla terapia manuale per la liberazione della radice nervosa e il controllo del dolore, oltre a essere necessario per la formazione di una muscolatura forte della colonna, fondamentale per la prevenzione delle recidive, nonché per l’apprendimento dei corretti schemi di movimento della colonna vertebrale: il terapista ha il compito di rieducare il paziente ad un utilizzo del proprio corpo che rispetti e non iper-solleciti le strutture della schiena. Generalmente i problemi discali derivano da un uso scorretto della colonna, sia esso eccessivo, carente o ripetitivo. L’esercizio fisico è dunque il punto di arrivo della terapia e il punto di partenza per il benessere della schiena.